"...Io appartengo al guerriero in cui la vecchia Via si è unita a quella nuova..."
venerdì 16 aprile 2010
La mia risposta alle domande del collega Norberto Gallo sul futuro della sinistra a Napoli ed in Campania lanciate sul sito "napolionline.org"
Le domande poste dal collega Norberto Gallo sul sito http://www.napolionline.org sono quanto mai opportune e spingono tutti coloro che come me, a vario titolo, si sentono liberi di esprimere pareri ed opinioni ad intervenire sull'argomento.
Non mi perdo, quindi, in prolusioni mentali e paranoiche tipiche di “certa sinistra” ed arrivo subito al dunque: il Partito Democratico è un contenitore vuoto, disarticolato tra le sue molteplici posizioni ed inconcludente, all'interno del quale si è trovato soltanto il giusto equilibrio di “poltrone” tra quel che restava delle due vecchie nomenclature provenienti dai Ds e dalla Margherita. Già, perché alcuni (tanti per la verità) si sono affrettati a “migrare altrove” per tempo. E' il caso di Bruno Cesario e Pasquale Sommese, tanto per fare qualche nome. Ma non dimentichiamo che pezzi importanti e meno conosciuti alle cronache locali lasciano continuamente il partito giorno dopo giorno sui singoli territori. E non soltanto, come nel caso dei due esponenti citati, per ragioni evidenti di opportunismo politico. Ma anche e soprattutto perché questo partito ha fallito clamorosamente nel suo progetto iniziale di darsi un'identità chiara e di raccogliere l'eredità politica dei due storici movimenti che lo avevano fondato soltanto tre anni or sono. Il caso della Campania, in questa chiave di lettura, assume una rilevanza ancor più netta. Non è soltanto la cattiva gestione della tristemente nota vicenda dei rifiuti ad aver causato una rottura tra l'elettorato di riferimento ed il contenitore spurio ed apolitico che è oggi il Pd, sia a livello locale che nazionale. Il fatto concreto è che questo è un partito senz'anima e senza una linea politica. Manca di unità, non esiste un governo riconosciuto da tutti a partire dal vertice, arrivando fino alla base. C'è approssimazione politica su tutto e quando ci si aspetta una risposta coerente dalla classe dirigente questa tarda ad arrivare o non arriva per niente. E' il caso delle divergenze che vi sono state sulle tematiche relative ai temi etici che hanno provocato evidenti fratture durante tutto il periodo delle segreterie di Veltroni e Franceschini. E' il caso delle polemiche sulle alleanza politiche che il partito avrebbe o meno dovuto ricercare a livello nazionale, prima fra tutte quella con l'Idv di Di Pietro. Ma anche quando si è discusso su come organizzare il partito sul territorio si è vista la debole coesione tra le due anime fondatrici prevalere sulla ragionevolezza. Ed ecco le primarie farsa consumate col veto incrociato su questo o quel candidato (vedi la vicenda Pannella) o con il susseguirsi di fuoriuscite eccellenti come quella di Rutelli che, a dire di molti, è soltanto la punta di iceberg che pescherà molto in profondità tra i delusi e porterà ben presto ad una convergenza con Casini.
Detto ciò, il caso della Campania, come detto, si inserisce perfettamente in una logica di veti incrociati e potentati che - incapaci di produrre iniziativa politica concreta - si sono dati battaglia sul territorio solo per la supremazia elettorale e corporativistica della propria componente attraverso affermazioni personali di tutto rispetto di questo o quel candidato all'europarlamento nel giungo giugno scorso, o di questo o quel consigliere regionale alle ultime elezioni di qualche settimana fa. Ed anche in questo frangente Antonio Bassolino non ha mancato di far contare ancora se stesso e i suoi, riuscendo alle europee del 2009 a far confluire quasi tutto il partito sul nome del suo principale delfino politico, Andrea Cozzolino. E, ultimi in ordine di tempo, riuscendo a far entrare in consiglio regionale Antonio Marciano e Angela Cortese, altri suoi due storici “peones” che lo seguono praticamente dai tempi delle prime esperienze a Palazzo San Giacomo.
Sullo sfondo il “prode” Enzo De Luca che, suo malgrado, provando a mettere insieme i cocci di un partito totalmente assente dal punto di vista della proposta politica è comunque, almeno in parte, riuscito a “ritrovare la piazza e i suoi militanti” ed ha provato a dare un senso strettamente politico ad una campagna elettorale che nessuno, tranne i consiglieri uscenti ed aspiranti tali, voleva fare convintamente, se non col solo scopo di racimolare un po' di preferenze qua e la in giro per la regione ad uso e consumo strettamente personale.
Alla prima domanda del collega, quindi, rispondo che è principalmente colpa del Pd e non soltanto della vicenda rifiuti se quella presunta “astensione di sinistra” da lui citata è stata l'elettorato mancante che non va più a votare, determinando così la sconfitta.
Se, in conclusione, vi siano o meno possibilità di convincere quegli elettori - che il collega Gallo ritiene di ascrivere comunque in un'area vicina alla sinistra – a tornare alle urne per votare Pd, bhè, questo sta solo al Pd stesso.
A cominciare dai prossimi appuntamenti, primo su tutti la riorganizzazione del partito in provincia e a Napoli. In un intervista a La Repubblica di qualche giorno fa un veterano del partito spiega come si sia diventati “troppo salottieri”e che ora “sarà difficile recuperare il rapporto con i cittadini.
Se il Pd sarà davvero capace di aprirsi a tutti quegli ambienti esterni al partito che un tempo ne erano però la linfa vitale – penso, in particolare, al mondo del lavoro ed alla città che vive i problemi quotidiani veri e che non dibatte sulle mostre di pittura o sulle nuove tendenze culturali, argomenti tipici invece dei salotti, ma parla del pane quotidiano e della fatica – allora forse qualcosa si potrà recuperare.
E' ovvio, d'altro canto, anche un fatto ed è corretto qui ricordarlo: adesso chi governa ha un altro colore ed una storia diversa ed è giusto pensare che i vincitori debbano poter fare la loro parte. Questo, solo per dovere di cronaca ed imparzialità. Ed anche per un altro motivo: non pensi il Pd di scatenare la solita “crociata propagandistica anti-berlusconiana” anche su Caldoro. Questo è il tempo del governo del “fare”, per chi è al governo. Ma anche dell'opposizione del “credere per ricostruire”, per chi è all'opposizione. Pensare di contrapporsi a Caldoro sempre e comunque soltanto in nome di quell'imprimatur divino nel quale crede “certa sinistra”, che quando governa va tutto bene ma se al governo ci sono gli altri è tutto sbagliato, significherebbe finire l'opera di distruzione di un'eredità politica iniziata da Bassolino dieci anni fa.
Che il Pd si metta al lavoro sulla proposta politica e sul rinnovamento della classe dirigente partendo dall'esterno e abbandono la demagogia e l'effimero dei salotti. Solo così, forse, riuscirà ad uscire dalle secche.
Ma il cammino è molto lungo, sia per gli uni che per gli altri. Staremo a vedere.
Con la grinta di sempre,
Gigi Mercogliano
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