"...Io appartengo al guerriero in cui la vecchia Via si è unita a quella nuova..."

mercoledì 25 agosto 2010

FERMIAMO LA DERIVA LIBERISTA IN CUI STA SPROFONDANDO IL PAESE: LA POLITICA, SPECIALMENTE QUELLA MERIDIONALE, FACCIA LA SUA PARTE!

La vicenda dei tre delegati della Fiat di Melfi, che in questi giorni ha tenuto banco ed ancora interessa le cronache dei principali media del Paese, ci fa riflettere su cosa realmente stia accandento nel mondo delle imprese italiane. Nel corso di un'estate torrida, caratterizzata dall'indagine di Feltri sull'acquisto della cucina della Tulliani e di Fini, dagli incindenti sempre più in aumento a causa di droga ed alcol che nessuno, nonostante le strette sulla patente a punti e sulla velocità, riesce a controllare e dai soliti servizi "insipiti" sulle reti televisive dei "nudi d'autore" dei vip sulle spiaggie italiane al sole e al lusso, c'è voluto l'intervento del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano per rendere degna di interesse una vicenda che, altrimenti, avrebbe occupato le pagine interne di Repubblica e Corriere della Sera e a cui avrebbero dato dignità soltanto Liberazione e Il Manifesto. Del mondo operaio, infatti, nel bel paese, il paese dei "naviganti e dei poeti", nessuno se ne frega più nulla. I lavoratori italiani sono alla mercè di imprenditori senza scrupoli che hanno deciso di prendere a sassate la Costituzione e la legge 300 (Statuto dei Lavoratori) per rendere le loro fabbriche più competitive ed in linea con i parametri di profitto e redditività di una Europa sempre meno incline alla sua storica vocazione di patria del Diritto e dello Stato sociale e sempre più votata ad un sistema che immetta maggiore liberismo nella gestione delle imprese e che, in nome della "libertà di impresa", sfrutti sempre di più i lavoratori e la concorrenza, anche quella sleale e libera da vincoli legislativi di alcun tipo. E il paradigma mediatico che viene utilizzato per fare leva sulle coscienze - profittando, in questo, di un'azione praticamente assente della politica che anzi, in alcuni casi, è partigiana di questo terribile disegno senza regole e freni - è quello solito della possibilità di creare nuove e più importanti opportunità di sviluppo e di occupazione per il paese, specialmente nelle aree depresse del Mezzogiorno. Già, il Mezzogiorno. E' infatti al Sud che i nuovi "capitani d'impresa" alla Marchionne concentrano il loro affondo contro i lavoratori e i diritti con la "connivenza complice e colpevole" della politica nazionale e locale, consapevoli del fatto che se i tre delegati sindacali non avessero tentato di rientrare in una fabbrica del Sud come Melfi ma la vicenda si fosse consumata in una fabbrica del Nord, fuori dai cancelli non ci sarebbero state le poche bandiere di CGIL CILS UIL ma una distesa di fazzoletti verdi e bandiere della Lega Nord, con Bossi & soci dinanzi ai tornelli a gridare all'imprenditore "ce l'abbiamo duro e tu i lavoratori li fai rientrare subito o sono botte, cazzo!" Sapendo anche che se l'impresa avesse fatto il muso duro dal giorno dopo si sarebbe ritrovata fuori da ogni forma di sostegno pubblico di cui le azienda italiane del Nord, Fiat in testa, beneficiano attingendo ai vari fondi nazionali ed europei gestiti dalle Regioni di Veneto, Lombardia, Piemonte dove la Lega è maggioranza di Governo. E mentre tutto questo accade, quelle stesse aziende che al Nord temono la Lega, al Sud si ritrovano dinanzi un territorio storicamente vilipeso e delle cui risorse si è fatto bottino da anni e che non ha nella classe dirigente locale lo stesso tipo di atteggiamento difensivista delle proprie fabbriche e dei propri territori che invece si incontra in Padania. Succede così che, sotto il ricatto della delocalizazione e della concreta possibilità di mettere in mezzo ad una strada centinaia di famiglie, la politica locale lasci ad un'azienda che ha fatto del sostegno pubblico la leva sulla quale scaricare per anni il "rischio di impresa" la possibilità di cambiare senza leggi e senza etica le regole del gioco, impoverendo così quelle stesse famiglie e tutto il territorio circostante. E a questo punto l'azienda si permette anche il lusso di non rispettare una sentenza di un Giudiche che, anzi, viene vista come una intromissione in una vicenda privata, fortemente lesiva cioè di un diritto, il diritto alla "libertà di impresa". Quello si che va difeso! E per difenderlo non tarda ad arrivare, quasi come un contraltare a quello del Presidente della Repubblica, il messaggio della "lady di ferro" d'Italia, Emma Marcegaglia, leader degli imprenditori italiani che difende la scelta dell'azienda di non consentire il reintegro dei tre lavoratori nonostante la sentenza del Giudice parli chiaro. Ed allora? Ed allora succede che un accordo sindacale è legge e guai a chi non lo rispetta. Per una sentenza di un Giudice, invece, si può procedere con l'interpretazione, al punto che il paradosso di queste ore è il fatto che il sindacato debba richiedere al magistrarto di chiarire nel dettaglio i termini della sentenza per consntire alla forza pubbllica di renderla esecutiva. E' legittimo chiedersi: ma se una sentenza va interpretata, perchè non ridiscutiamo tutti i processi? Vuoi vedere che qualcuno che, ad esempio, è in prigione da anni con il beneficio dell'interpretazione magari può sperare in una differente collocazione, o no?
Paradossi di questa nazione allo sbando.

L'appello che in queste ore andrebbe rivolto alla Politica italiana, specialmente a quella meridionale, che invece è distratta dalla vicenda di Montecarlo e dall'estate burrascosa nella maggioranza di centro destra dovrebbe essere quello di intervenire duramente nei confronti non tanto di un'impresa che non rispetta le regole e che ignora finanche le sentenze di un Giudice, quanto nei confronti di un tentativo di cambiare profondamente il sistema di relazioni sindacali in Italia, trasformando il Sindacato italiano, l'unico in tutta Europa ad avere ancora una forma ed un'ispirazione novecentesca, in un mero sottoscrittore di accordi definiti innovativi ma che di innovativo hanno soltanto l'abbassamento dei diritti e delle tutele rispetto a quelle conquistate proprio nel Novecento con lo Statuto dei Lavoratori. E' vero che occorre cambiare il sistema Paese con una spinta profondamente riformista e, con questo, è utile rivedere anche il sistema che disciplina i rapporti tra il Sindacato e le imprese. Ma pensare di relegare il diritto e, con esso, il diritto alla rappresentanza in un angolo - facendo del sindacato un'istituzione che, già vecchia nelle forme e nelle classi dirigenti, non potrebbe far altro in questo modo che incamminarsi  velocemenete sulla strada del tramonto - sarebbe pura follia e sarebbe un suicidio anche per le imprese. Queste, infatti, otterrebbero mano libera da un lato ma, in molti casi, perderebbero anche un alleato - quale è stato proprio per Fiat il Sindacato durante tutto il corso della parte finale del '900 - che è sempre pronto ad attivaresi presso le istituzioni locali e nazionali per salvare un'impresa in crisi e favorire l'intervento della politica nelle vertenze delicate che l'imprenditore da solo non riuscirebbe ad affrontare. La vicenda Telecom, gestita con maestria da Slc Fistel e UILCOM la dice lunga e dimostra che, demagogia a parte, quando sindacati e impresa hanno veramente volontà di sedersi ad un tavolo e dialogare fino in fondo, le soluzioni si trovano e insieme si rilancia l'intero agglomerato aziendale, senza sacrificare con questo salario, posti di lavoro e diritti. E senza che nessuno giudice sia costretto a sostituirsi alle parti prendendo decisioni che, altrimenti, sarebbero state negoziate e calate all'interno di un tavolo di confronto.
E' questa la strada maestra da seguire. Non certo quella dei ricorsi alla forza pubblica, alla magistratura o della libertà di impresa a tutti i costi, pure a danno della legge e della Costituzione. Il Sindacato italiano, pur tra mille intoppi e mille contraddizioni, sta provando a fare la sua parte. Telecom insegna. Ma anche Tirrenia, e la stessa Fiat sono testimonianze di come, nonostante le posizioni divergenti, il sindacalismo italiano abbia compreso che occorre riprendere unitariamente la strada per riformare insieme il sistema.

Che anche la Politica faccia la sua parte, ritornando finalmente ad avere il predominio ed il governo sull'economia!

Con la Grinta di Sempre,

Gigi Mercogliano

mercoledì 4 agosto 2010

RAGGIUNTO L'ACCORDO CON TELECOM. COMUNICATO STAMPA DELLA UILCOM CAMPANIA



ACCORDO NELLA NOTTE PER TELECOM ITALIA.



TAGLIALATELA, UILCOM CAMPANIA: “SALVATI MIGLIAIA DI POSTI DI LAVORO E PRESERVATO IL KNOW HOW AZIENDALE. POSITIVE RICADUTE PER L’ECONOMIA CAMPANA” !

“Siamo pienamente soddisfatti. Questo è un accordo storico che conferma il fatto che il Sindacato è sulla rotta giusta”. Ad affermarlo è Massimo Taglialatela, segretario Generale Uilcom Campania, di ritorno da Roma dove nella notte è stata trovata l’intesa con il Gruppo Telecom per la salvaguardia dell’occupazione ed il rilancio dell’azienda. “L’accordo – spiega Taglialatela – rappresenta una forte azione di discontinuità rispetto al passato ed è frutto della volontà di tutto il fronte sindacale di mantenere alta la tensione e compatta la delegazione al tavolo”.

Nel merito l’intesa raggiunta prevede, in sintesi, il mantenimento dell’intero perimetro aziendale, il ricorso alla Formazione come strumento di riqualificazione professionale e ammortizzatore sociale condiviso, la mobilità volontaria e il blocco delle esternalizzazioni. Ma è lo stesso Taglialatela a spiegarne nel dettaglio i punti chiave: “Il Piano industriale 2010-2012 sarà articolato su due principali tronconi: quello occupazionale e quello del rilancio globale dell’azienda. Per quanto riguarda l’aspetto occupazionale – spiega l’esponente Uil – l’intesa raggiunta prevede che Telecom abbatta i costi derivanti dal lavoro non più con licenziamenti collettivi o mobilità forzata, ma con il ricorso alla mobilità volontaria per circa 3900 lavoratori, mentre per quelli già posti in mobilità sarà garantita la copertura del 90% della retribuzione. Il ricorso ai contratti di solidarietà, quindi, sarà l’altro strumento per evitare tagli al personale e questo verrà applicato per i lavoratori del 1254 e di SSC. L’altro pilastro su cui si regge l’intesa è permeato tutto attorno alla riqualificazione del personale. Per la prima volta viene attivato un importante processo di Formazione – spiega il segretario generale Uilcom – propedeutico alla ricollocazione in altri settori produttivi strategici per l’azienda come la Rete di tutti quei lavoratori, 1300 circa, dichiarati inizialmente da Telecom esuberi strutturali e per i quali il destino sembrava inizialmente segnato. L’utilizzo, quindi, della Formazione come nuovo ammortizzatore sociale, anche in chiave di rilancio e acquisizione di nuove competenze, permetterà il rientro in azienda nel settore Hr Services dei lavoratori della ex TILS, la società che per Telecom si occupava proprio di Formazione. Con questo accordo – aggiunge Massimo Taglialatela, che al tavolo nazionale ha rappresentato la delegazione unitaria della Campania – non solo si salvano migliaia di posti di lavoro su scala nazionale ma, cosa ben più importante, si rilancia la più grande azienda delle TLC e dell’Infomation Technology del Paese e questo preservandone il know how acquisito nella sua lunga storia, che altro non è che la storia dell’Informatica e delle Telecomunicazioni in Italia. Il Sindacato può essere soddisfatto e la Uilcom, in particolare, esce rafforzata perché le nostre proposte, divenute poi unitarie, sono state tutte accettate. Con questo accordo – conclude la nota – si apre una pagina nuova del Sindacato italiano e non è un caso che esso arrivi a poche settimane da un’altra storica intesa, quella di Pomigliano D’Arco. Tutto questo lavoro di confronto e rilancio dell’azione del Sindacato italiano e in particolar modo campano con il raggiungimento di questi significativi accordi con altrettante importanti realtà industriali avrà positive ricadute su tutta l’economia regionale della Campania”.

Napoli, 4 agosto 2010

L'Ufficio Stampa